Presso la Collezione Anatomica Paolo Gorini è conservata la copia del calco in gesso del viso di Mazzini sul letto di morte e sulla storia della sua preparazione, sempre rimandando all’opera fondamentale di Luzzatto, è bene spendere alcune parole, per meglio chiarire, fra l’altro, alcuni particolari circa l’antropologia del lutto nell’Ottocento.
Quando Paolo Gorini giunse a Pisa per attendere alla conservazione del corpo di Giuseppe Mazzini, la scena che per prima gli si dovette presentare, fra le mura di casa Rosselli, fu certamente caotica. La camera ardente dell’esule era letteralmente invasa da una commossa folla vociante di personaggi più o meno noti, quando Gorini si presentò al numero civico 39 di via Maddalena. Sulla scia del «racconto di Gorini», pochi anni più tardi, Carlo Dossi avrebbe ricordato:
«Preparazione della salma di Mazzini (dal racconto di Gorini). Gorini è chiamato a Pisa da un telegramma di Bertani. Trova una folla di Mazziniani, mezzi matti, ciascuno dei quali dà ordini e disordini, gridando «si faccia questo, si faccia quest’altro, non si badi a spesa» e inviando, poi, beninteso, i conti a pagare ai 3 o 4 ricchi di loro. Lemmi ci spese più di 6000 lire»
(Carlo Dossi, Note azzurre, n. 2737)
Lo stesso Gorini, nella propria Autobiografia, non dimenticava l'episodio:
Dopo gli esperimenti di Milano, affranto dalle fatiche e travagliato da malattia polmonare, ero ritornato a Lodi, pel bisogno di riposare. Sennonché, arrivatovi la sera dell’8 marzo, due giorni appresso mi giunse un telegramma di Bertani, Lemmi e Campanella che mi invitavano a recarmi a Pisa per preparare la salma di Mazzini. Io, come dissi, mi trovavo in pessimo stato; pure mi determinai di partire. Feci i conti di cassa e vedendo di possedere abbastanza per far tutte le provviste necessarie all’imbalsamazione e sostenere le spese della ferrovia, mi posi in viaggio. Giunto a Pisa la mattina del 12, trovai alla stazione Bertani e Lemmi che subito mi condussero alla casa Rosselli dove giaceva la salma di Mazzini, il quale era andato a passare gli ultimi suoi giorni e a morire presso quell’ottima famiglia di amici. In casa Rosselli eranvi molte delle persone più prominenti del partito repubblicano. Comunicai loro che aveva portato con me quanto occorreva per l’imbalsamazione, sia usando il mio metodo che conserva per sempre ma che richiede un lavoro di molti mesi, sia usando il metodo noto che conserva per breve tempo ma che si sbriga in poche ore
(Paolo Gorini, Autobiografia, p. 39)
Mazzini era spirato nel pomeriggio del 10 marzo; Agostino Bertani non riuscì a raggiungere Pisa che il giorno successivo. Il telegramma in cui si richiedeva l’intervento di Gorini, firmato oltre che dallo stesso Bertani, anche da Adriano Lemmi e da Francesco Campanella, invece, giunse a Lodi l’11 marzo, alle 3.40 del mattino:
Paolo Gorini Urgenza
Lodi
Vieni immediatamente Pisa preparare salma Mazzini avvisaci partenza dirigendo 39 Via Maddalena, risposta pagata
Bertani Campanella Lemmi
Poche ore dopo si domandava allo scienziato «in che modo avrebbe imbalsamato Mazzini».
Gorini rispose avere due modi:
uno spedito, ma che conservava per pochissimo tempo il cadavere; l'altro lunghissimo, ma che lo serbava indefinitivamente». «Si passò ai voti. Dei mazziniani, i Nathan volevano che si seppellisse Mazzini senz'altro. Ma prevalse Bertani. Gorini si pose dunque al lavoro. Il corpo giaceva in istato di avanzatissima putrefazione. Era verde - era una vescica zeppa di marcia. Bertani assisteva all'esperimento. Dopo tutta una notte di tentativi, Gorini avea già perduta ogni speranza di conservarlo. Arrischiò un altro mezzo - e il verde scomparve e la marcia si coagulò. Allora si pose in cassa Mazzini per portarlo a Genova. In viaggio la cassa si ruppe e ne uscì del liquido. A Genova Gorini riprese il lavoro. In due anni ne spera un mediocre successo.
(Carlo Dossi, Note azzurre, n. 2737)
La decomposizione della salma, tuttavia, era ormai evidentemente avviata e ciò avrebbe compromesso l’intera operazione. La cosa è risaputa e ben sottolineata dal medesimo Gorini anche in un importante documento autografo.
Tale documento rappresenta con ogni probabilità la copia minuta della lettera di presentazione eventualmente acclusa alla relazione pubblicata dallo scienziato stesso in merito alla preparazione di Mazzini. Nel documento, del resto, sono evidenti i richiami all’incipit della stessa relazione ufficiale (Cfr. Paolo Gorini, La conservazione della salma di Mazzini, Tipografia Istituto Sordomuti, Genova 1873) di cui pure si pubblicarono sulla «Plebe» alcuni brani:
Trascorso appena il secondo anniversario della morte di Giuseppe Mazzini, adempio alla promessa di riconsegnarne la salma al Municipio di Genova, il quale, annuendo a un voto solenne di autorevoli persone, l’aveva a me affidato coll’incarico di assicurarne la conservazione. L’impresa apparve fin dal principio circondata da eccezionali difficoltà, e se mi venne fatto di vincerle e di raggiungere in qualche modo l’intento io lo debbo alla cooperazione premurosa, ai conforti ed ai sussidii d’ogni specie che spesso mi vennero accordati spontaneamente e mai non mi mancarono quando furono richiesti. Ciò che avverrà al cadavere credo di poterlo dedurre dal modo in cui si comportano tutti quelli che preparai per motivo di studio, sebbene non abbia mai fatto l’esperimento di tenerne qualcuno rinchiuso in un’urna, ma li abbia sempre lasciati esposti all’aria ed alla luce
(«La Plebe», 5 aprile 1874)
Il brano offre lo spunto per considerazioni che solo apparentemente esulano dal tema. Se è interessante chiarire che le preparazioni anatomiche di Gorini non richiedevano condizioni particolari di luce o temperatura per permanere in stato ottimale (a differenza di quanto non accada oggi per una loro corretta conservazione) è qui più importante osservare che l’intento di Agostino Bertani soprattutto era quello di fare di Mazzini un vero e proprio “incorruttibile”, una statua scolpita nella carne dedicata al culto tangibile e fisico della memoria storico-politico risorgimentale. Effettivamente, Paolo Gorini era senz’altro l’esperto più indicato per la realizzazione del progetto. Inoltre, il fatto che il destino delle spoglie mortali di Mazzini fosse stato messo letteralmente ai voti e che Carlo Dossi non dimenticasse di indicare i due maggiori contendenti in Sara Nathan e in Agostino Bertani, chiarisce definitivamente la natura politica dell’impresa anatomica compiuta. Gorini, a sua volta, assume così le vesti di un abile artigiano del corpo, adoperandosi nell’esaudire i desideri di Bertani e applicando i propri metodi alla conservazione:
Essendosi domandato che la cosa fosse posta ai voti, questi furono pressoché unanimi per la conservazione secondo il mio metodo. Io ben sentiva di assumere il peso di un’immensa responsabilità, pur non poteva e non voleva retrocedere; soltanto, domandai che Bertani volesse aiutarmi ed associarsi meco in tutti i lavori, al che egli subito acconsentì
(Paolo Gorini, Autobiografia, p. 40)
Ad ogni modo, Gorini, accortosi immediatamente dello stato in cui gli venivano consegnate le spoglie, aveva mostrato fin dal principio evidenti resistenze nel condurre un’operazione che già in partenza si presentava compromessa; salvo poi risolversi a tentare comunque e contro ogni probabilità di riuscita:
Quando ci fu consegnato il cadavere, erano scorse poco più di sessanta ore dall’istante della morte. Dall’odore che tramandava mi accorsi che la putrefazione dovea essere molto avanzata. Tuttavia non mi perdetti d’animo e riflettendo che già un caso simile mi era occorso durante i miei esperimenti e che un certo espediente mi aveva, in quel caso, fatto vincere le difficoltà, riuscii anche questa volta ad arrestare definitivamente il processo della putrefazione
(Paolo Gorini, Autobiografia, p. 40)
Il tentativo di conservazione della salma avvenne dunque decisamente in ritardo: non solo per il fatto che lo scienziato giunse a Pisa il giorno successivo al decesso, ma soprattutto perché, dopo una provvisoria iniezione conservante che permise una più degna esposizione della salma per il tempo necessario a renderle pubblico omaggio , il trattamento volto alla pietrificazione vera e propria poté avere luogo solo successivamente, a Genova. Tuttavia, come è noto, il procedimento goriniano richiese continui e duraturi interventi sul cadavere distribuiti nell’arco di diversi mesi, stanti le condizioni della salma. La difficile missione si trasformò presto, fin dai primi giorni, in un continuo e sfibrante via vai fra Lodi e Genova.
Stetti a Lodi fino al 17, e il 18, tornato a Genova, quella salma veniva, per atto notarile, riconsegnata a me e a Bertani, affinché ne continuassimo la preparazione
(Paolo Gorini, Autobiografia, p. 40)
Fu necessario operare molto meticolosamente e senza interruzioni per ottenere un risultato che, comunque, difficilmente avrebbe potuto dare soddisfazione a Gorini. Ad ogni modo:
«la pelle […] andava a poco a poco facendosi più chiara, l’odore diventava meno intenso ma dal diminuire all’annullarsi corre una gran differenza. Il fatto è che qualche segno della macchia scura, che già si distendeva per tutta la parte superiore del corpo, e qualche po’ di odore persistettero per tutto il mese di luglio e fu soltanto nel mese di agosto che io potei dire che il cadavere era perfettamente disinfettato. Le carni cominciarono allora ad acquistar consistenza, il colore divenne abbastanza bianco dappertutto, salvoché in vicinanza agli occhi, rimanendo tuttavia mobili le articolazioni e minima la diminuzione del volume. Così conservato, il corpo di Mazzini potrà mantenersi per un lungo periodo di anni, anzi io propendo a credere, che, a somiglianza delle antiche preparazioni egiziane, potrà conservarsi per un tempo indefinito»
(Paolo Gorini, Autobiografia, pp. 40-41)
La collezione Paolo Gorini si trova all’interno dell'Ospedale Vecchio di Lodi. L’ingresso si apre sull’incantevole cornice del chiostro quattrocentesco, detto della Farmacia.
Orari di apertura:
mercoledì dalle 10.00 alle 12.00,
sabato dalle 9.30 alle 12.30,
domenica dalle 14.30 alle 16.30.
Ingresso gratuito
Nata nel 1981 come Museo Paolo Gorini venne da subito ospitata nella ex Sala Capitolare dell’Ospedale Vecchio. A partire dal 2008 i preparati sono esposti in un allestimento rinnovato, rispetto a quello ideato e realizzato da Antonio Allegri. Agli ambienti espositivi si è aggiunta una Sala Conferenze.