I numerosi tentativi di conservazione dei tessuti organici, ai quali Paolo Gorini attese dal 1843 fino alla metà degli anni Settanta del XIX secolo, non rappresentano il risultato di un’attività aliena dal contesto culturale delle scienze di allora. In assenza di frigoriferi e di altri mezzi idonei di conservazione, la questione della preparazione di interi cadaveri o di parti di essi era di primaria importanza. La natura dei preparati anatomici del XIX secolo, ovvero di un’età “eroica” dell’anatomia, contempla radici non soltanto scientifiche, particolarmente profonde; lo studio della sua storia e dei suoi artefici, fra i quali lo stesso Gorini, permette di individuarne i molti significati, anche didattici, che andavano dalla conservazione a scopo museale e illustrativo fino al loro uso diffuso addirittura nelle Accademie di Belle Arti, relativamente ai corsi di Anatomia artistica, o, per altre vie, alle necessità delle prime indagini giudiziarie moderne, che cominciavano ad avvalersi sempre maggiormente degli ausili della medicina.
Paolo Gorini mise a punto più metodi di preparazione anatomica e ne spiegò pubblicamente l’utilità in una nota relazione inviata all’Università degli Studi di Torino nel 1864. Gli scopi che lo scienziato lombardo si prefiggeva erano molteplici:
1. Conservazione indefinita dei cadaveri degli animali a corredo dei musei di storia naturale
2. Conservazione indefinita dei cadaveri umani affinch´ le sembianze delle persone amate o illustri fossero conservate all’affetto dei conoscenti od alla ammirazione dei posteri
3. Conservazione dei cadaveri umani in condizione da poter servire agli studi anatomici
4. Conservazione di parti del corpo umano a corredo dei musei anatomici
5. Conservazione delle carni commestibili
6. Indurimento delle sostanze animali di origine non umana per favorire nuove materie di lavoro agli intarsiatori, agli impellicciatori ed ai tornitori
Tuttavia, Gorini non aveva nessuna intenzione di rivelare i propri segreti in fatto di soluzioni conservative e metodi applicativi. Lo scienziato non ambiva probabilmente soltanto a un riconoscimento economico, bensì a un ruolo sociale e professionale diverso da quello ricoperto, che lo inscrivesse, magari, fra i nomi degli scienziati accademici, mettendolo così al riparo da eventuali furti, dei quali, qualora il suo metodo si fosse rivelato efficace, sarebbe stato facilmente vittima nella condizione nella quale si trovava. Forse anche per questo motivo Agostino Bertani e molti altri amici parlamentari dello studioso lombardo si prodigarono a lungo, nelle sedi adeguate, per l’istituzione di una cattedra universitaria di Geologia sperimentale da affidargli. Tuttavia, i numerosi tentativi risultarono sempre inefficaci e, al di là di alcuni sporadici premi in denaro, lo scienziato non ottenne mai riconoscimenti sufficienti a fargli rivelare la propria tecnica, se non ad amici, quali Bertani, De Cristoforis e, probabilmente, Pini. La segretezza delle formule, per motivi analoghi, contraddistingue del resto l’attività dei cosiddetti “pietrificatori”, come Girolamo Segato (1792-1836) ed Efisio Marini (1835-1900), fra i molti altri.
La pietrificazione, che rese celebre il segreto anatomico di Gorini attraverso una nota suggestiva, che sapeva di magia (e che invece era un fatto scientifico), consisteva nella mineralizzazione dei tessuti e ciò avveniva per sostituzione dei liquidi organici responsabili della decomposizione con sali che impedivano la decomposizione. “Pietrificatori” erano dunque chiamati quei preparatori anatomici che, fra Ottocento e Novecento, si avvalsero di sistemi simili, capaci di indurire i reperti organici fino a far loro ottenere consistenza lapidea o lignea. Certamente, la segretezza ammantava di fascino immediato le operazioni di un Gorini e quelle dei molti altri che non rivelavano i loro trovati, rendendo così indispensabile la presenza dei loro stessi creatori qualora se ne richiedesse l’uso. Tuttavia, al di là di questo, le tecniche attraverso le quali molti preparatori accademici, ospedalieri o indipendenti preparavano corpi, organi e parti anatomiche, spesso patologici, per conservarne memoria, non erano altro che raffinate arti, esercitate con perizia e con metodi scientifici che presupponevano una ottima conoscenza dell’anatomia.
Certamente, i risultati ottenuti dallo scienziato, agli occhi odierni, possono risultare di difficile gestione, soprattutto dal punto di vista emotivo, ma è bene considerare, per prima cosa, che la produzione di reperti come quelli esposti presso la Collezione Anatomica Paolo Gorini aveva, nell’epoca in cui i preparati vennero allestiti, un valore accrescitivo di segno culturale e che, in secondo luogo, la loro produzione, nell’Ottocento tanto comune, non implicava attività diverse da quelle di molti luminari, fra medici e naturalisti, meglio riconosciuti, ma spesso meno popolari di Gorini. Tali considerazioni vogliono, naturalmente, allontanare da chi scrive e dall’istituzione stessa false considerazioni e suggestioni troppo pronunciate che, ancora oggi, gravano sulla figura di Gorini, come su tanti altri protagonisti della preparazione anatomica tra XVIII e XX secolo, anche a causa di operazioni pseudo culturali, che tendono, il più delle volte, a investigare misteri sostanzialmente inesistenti. La formula “segreta” di Gorini non aveva infatti nulla a che vedere con la magia e lo stesso Gorini, troppe volte descritto come un uomo eccentrico e innamorato della morte, non era che uno dei tanti scienziati intenti ad occuparsi di problemi, interrogativi e necessità del mondo scientifico in genere e della ricerca che gli furono coevi. Nulla di stregonesco, dunque, nelle sue attività né nella sua figura storica né nel suo atteggiamento, spesso tanto fraintesi.
La collezione Paolo Gorini si trova all’interno dell'Ospedale Vecchio di Lodi. L’ingresso si apre sull’incantevole cornice del chiostro quattrocentesco, detto della Farmacia.
Orari di apertura:
mercoledì dalle 10.00 alle 12.00,
sabato dalle 9.30 alle 12.30,
domenica dalle 14.30 alle 16.30.
Ingresso gratuito
Nata nel 1981 come Museo Paolo Gorini venne da subito ospitata nella ex Sala Capitolare dell’Ospedale Vecchio. A partire dal 2008 i preparati sono esposti in un allestimento rinnovato, rispetto a quello ideato e realizzato da Antonio Allegri. Agli ambienti espositivi si è aggiunta una Sala Conferenze.