Paolo Gorini fu uno scienziato estremamente empirico. Ritenere che utilizzasse sempre le medesime soluzioni per le sue preparazioni anatomiche è un errore. È invece molto probabile che nei suoi numerosi tentativi, le soluzioni iniettate nei corpi fossero, di volta in volta, diverse fra loro e che lo studioso ne modificasse le percentuali, per ottenere reperti sempre migliori. Ciò è accertato non soltanto dalle testimonianze autografe lasciate dallo stesso Gorini, ma anche dalla distanza evidente in termini di colore, compattezza e incarnato dei preparati qui esposti, alcuni dei quali prodotti a base di alcool e di acido solforico diluito, altri a base di bicloruro di mercurio e altri ancora, probabilmente, a base di bicloruro di zinco, estremamente più efficace e meno tossico dei primi.
Le tecniche attraverso le quali molti preparatori operavano nascevano dalla necessità di arrestare il processo di decomposizione, fermando l’azione dei batteri che proliferano nei liquidi organici e sostituendo questi ultimi con sali o altra materia preservante, così da distruggere l’habitat dei batteri. Sostanzialmente, dopo la morte, gli enzimi fuoriescono dal nucleo delle cellule e principiano il processo di decomposizione. In breve i batteri intestinali producono altri enzimi che cominciano a divorare il cadavere dall'interno, diffondendosi lungo il sistema venoso. Il processo si arresta inibendo l’azione degli enzimi. Per bloccare gli enzimi, nell’Ottocento, si agiva in tre modi diversi. Il primo consisteva nel togliere dal corpo la massima percentuale di acqua di cui gli enzimi necessitano per le reazioni chimiche che servono ad avviare la decomposizione; il secondo nell’iniezione vasale di soluzioni simili a quelle adottate da Paolo Gorini, dopo aver reso il cadavere esangue attraverso aspirazioni o altri metodi, così da agire per sostituzione, mineralizzandone le strutture; o, nel terzo caso, nel distruggere l'ambiente di cui gli stessi enzimi hanno bisogno, eviscerando il corpo e sostituendone gli organi con altri materiali. Nel primo caso si parla di essiccazione, nel secondo di preparazione, nel terzo di imbalsamazione.
I documenti autografi di Paolo Gorini, pubblicati integralmente nel 2005, riguardano alcune delle formule più efficaci messe in opera dallo scienziato. Fra gli autografi editi si segnala in particolar modo una importante scrittura goriniana, che indica testualmente:
Soluzione di acido solforico nella proporzione del dieci per cento.
Soluzione satura alcoolica di Bicloruro di Mercurio e di Muriato di Calce nella proporzione che il volume della prima sia dieci volte quello della seconda.
Altrettanto interessante è il documento spurio nel quale si riconosce la descrizione della preparazione del corpo di Giuseppe Rovani. L’attribuzione di tale argomento al documento di cui si dice è supportata dalla datazione del medesimo. È infatti lo stesso Gorini, probabilmente trascritto da mano altrui, a specificare che l’osservazione risale al 30 gennaio 1874. Quindi, è lecito presumere che, spirato Giuseppe Rovani a Milano il 27 gennaio 1874, l’episodio di preparazione al quale il documento si dedica fosse proprio quello circa il mantenimento delle spoglie del celebre romanziere, padre ideale della Scapigliatura milanese.
La collezione Paolo Gorini si trova all’interno dell'Ospedale Vecchio di Lodi. L’ingresso si apre sull’incantevole cornice del chiostro quattrocentesco, detto della Farmacia.
Orari di apertura:
mercoledì dalle 10.00 alle 12.00,
sabato dalle 9.30 alle 12.30,
domenica dalle 14.30 alle 16.30.
Ingresso gratuito
Nata nel 1981 come Museo Paolo Gorini venne da subito ospitata nella ex Sala Capitolare dell’Ospedale Vecchio. A partire dal 2008 i preparati sono esposti in un allestimento rinnovato, rispetto a quello ideato e realizzato da Antonio Allegri. Agli ambienti espositivi si è aggiunta una Sala Conferenze.